Apollonio, Marco: Se il vero è il falso del falso il falso è il vero del vero (2017.)
Quando Irena Urbič mi ha contattato per chiedermi di partecipare a questo Forum ho subito pensato, visto il tema, che sarebbe molto facile e divertente, parlando di menzogna, perché no, oltrepassare l’aspetto metalinguistico e non parlare più del fenomeno ma entrare a far parte del fenomeno stesso e quindi mentire. Che occasione fantastica poter mentire essendo incaricato a farlo. E il secondo pensiero, venuto subito dopo: essere pagato per farlo. Proprio come un politico. Perché, se ci pensate, al di là delle battute è proprio ciò che devono fare e per cui sono pagati i politici. Fa parte della loro professione, del loro mandato. Quest’impulso irrazionale – di mentire fin dall’inizio, dicendo che, per esempio non m’interessava o che, purtroppo, in tale data avrei avuto degli impegni – non ha prevalso anche perché – e ne fui subito cosciente – avrebbe parecchio complicato la mia presenza qui, oggi, nella sede della Comunità degli italiani di Capodistria. Dunque vediamo, menzogna, il termine in italiano deriva dal latino mentiri, tratto da mens, mentis (mente, cervello, intelletto), termine che era inteso nel significato di “fingere con la mente” privo quindi di un’accezione negativa e visto come abilità mentale, basti pensare a Ulisse e alle parole di elogio di Atena nel XIII libro dell’Odissea: “O uomo tenace, mai sazio di inganni, neppure adesso che sei nella tua terra vuoi rinunciare alla bugie, alle invenzioni che ti sono care. Ma ora finiamola, entrambi sappiamo essere astuti, tu fra tutti gli uomini sei il migliore per la parola e i pensieri, e io fra tutti gli dei sono famosa per intelligenza e saggezza.” (Omero, Odissea, a cura e traduzione di Maria Grazia Ciani, Venezia, Marsilio, 2000, p. 205.) Nel passato e nel significato etimologico stesso vi era una differenza sostanziale tra menzogna e bugia. Mentre la prima era vista come finzione mentale, bravura intellettuale, la seconda, la bugia, che deriva dal provenzale bauzia e questo dalla radice altogermanica bausja (ted. das Böse, il male) era usata nel senso di cattiveria, malvagità o frode. Questa distinzione, nel tempo si è persa, tanto che oggi i due termini vengono usati indistintemente come sinonimi. Anzi, si sono talmente intrecciati che si usano ora l’uno ora l’altro per individuare altrettante categorie grammaticali diverse: sostantivo, verbo, soggetto. Se da una parte si usa l’espressione “il bugiardo mente” è del tutto anacronistica e bizzarra la corrispettiva espressione “il mentitore bugia”. Il verbo bugiare come riportato da Vincenzio Nannucci nell’opera Voci e locuzioni italiane derivate dalla lingua provenzale del 1840 sarebbe stato creato da Fazio degli Uberti: “L’editore milanese annota: bugiare, cioè dir bugia; verbo di pessimo conio, come tanti altri vocaboli creati da Fazio. Come creato da Fazio il verbo bugiare, che si legge anche in Dante […]” (Nannucci V., Voci e locuzioni italiane derivate dalla lingua provenzale, Firenze, Le Monnier, 1840, p. 108.). Peccato che il Purgatorio di Dante che riporta tale termine preceda cronologicamente tutte le opere di Fazio degli Uberti e che quindi il merito o demerito creativo del “verbo di pessimo conio” spetti quindi a Dante. Per quanto invece riguarda la forma verbale “bugiardare” nel significato di dire le bugie si trova solo in pochi libri del Settecento come nell’Arte magica distrutta dell’erudito italiano Scipione Maffei. In italiano, quindi, ritroviamo questo parallelismo di termini: i verbi mentire e bugiare o bugiardare, i sostantivi menzogna e bugia e i sostantivi/soggetti il bugiardo e il mentitore. Fin dall’antichità, comunque, sia Platone sia Aristotele censurano il “mentire” per errore o ignoranza, ma è solo con il cristianesimo che il dualismo tra verità e menzogna assurge a un dualismo metafisico tra bene e male, tra luce e tenebra. Anche se già Sant’Agostino si chiedeva: “Chi mente?, colui che asserisce il falso con l’intento di non ingannare o colui che dice il vero con il proposito di ingannare?” (Sant’Agostino, La menzogna, [s.l.], Le vie della cristianità, 2017, p. 6.) Alla fine però prevale la posizione, ripresa anche da San Tommaso D’Aquino il quale nel suo Summa theologiae, traccia un indissolubile parallelo tra bene e verità da una parte e tra menzogna e peccato dall’altra. Stessa intransigenza nei confronti della menzogna da parte di Kant, ricordiamo la sua polemica con Constant. Se da una parte il filosofo tedesco sostiene che nemmeno di fronte a degli assassini che cercano l’amico che ha cercato rifugio presso di noi bisogna negare la verità di dove questi si nasconda, Constant giustamente ribatte che nessuno ha il diritto a una verità dannosa per gli altri (Cfr. Kant I., Constant B., Il diritto di mentire, Firenze, Passigli, 2008.). Cfr. Kant I., Constant B., Il diritto di mentire, Firenze, Passigli, 2008. Da questo punto di vista ci sentiamo molto più vicini a Nietzsche quando afferma che i fatti non esistono e che esistono solo le interpretazioni (Cfr. Nietzsche F., La volontà di potenza, Milano, Bompiani, 2001.). Il filosofo tedesco già in uno scritto giovanile intitolato Su verità e menzogna in senso extramorale ci dice che la verità unica indubitabile è essa stessa una menzogna e che essendo il linguaggio non consistente non ci può essere neanche nessun tipo di comunicabilità tra quest’ultimo e la realtà stessa (Cfr. Nietzsche F., Su verità e menzogna in senso extramorale, Milano, Adelphi, 2015.). Parafrasando il filosofo americano Rorty, se vi è una narrazione del mondo che ha la facoltà di essere vera, allora anche tutte le altra narrazioni hanno questa facoltà (Cfr. Engel P., Rorty R., A cosa serve la verità?, s.l., il Mulino, 2007.). In uno degli studi filosofici più importanti sulla menzogna, scritto da Derrida e intitolato Storia della menzogna, il filosofo francese è anche lui evidentemente tentato dalla menzogna. Se da una parte scrive che la menzogna “non può diventare un oggetto di sapere teorico” (Derrida J., Storia della menzogna, Roma, Castelvecchi, 2014, p. 53.). dall’altra, analizzando ciò che ne hanno detto tra gli altri Platone, sant’Agostino, Kant, Nietzsche, Freud, Heidegger e Hannah Arendt, propone egli stesso un approccio rigorosamente teorico curiosamente mistificante. Con Derrida la decostruzione del concetto di menzogna ci porta nell’impossibilità postmoderna di relazionarci con essa. Nella vita di ogni giorno noi siamo così occupati a imporre la verità, a usare per i nostri fini tale concetto, che ci dimentichiamo che questa, la verità, è la menzogna più grande. Vi è anzi, in questo meccanismo, un rapporto proporzionale. Più la verità proclamata è grande e unica maggiori sono le crepe nelle sua fondamenta. Paradossalmente, siamo però subito pronti a morire per essa mentre, d’altra parte, nessuno che io conosca è pronto a morire per la menzogna. Tra verità e menzogna, quella che, nella realtà, ha sempre provocato e continua a provocare più danni è senz’altro la verità. Una volta assodato questo fatto e il fatto stesso dell’esaurirsi, seguendo il pensiero di Rorty o anche, perché no, quello di Derrida, di un discorso o di una narrazione sulla verità e sulla menzogna, possiamo passare ad analizzare una nuova categoria, ai tempi di internet, molto più attuale e nociva, quella delle “stronzate” o, in inglese, bullshit. Quest’ultimo fenomeno viene esaminato dal filosofo morale Harry Frankfurt, il quale nella sua “teoria delle stronzate” afferma che le “stronzate” sono peggio delle menzogne perché vanno oltre all’intenzione di queste ultime di dare una falsa rappresentazione della realtà. Chi propaga “stronzate” non si cura della verità e nemmeno la contrasta, il suo unico scopo è quello d’imporsi proprio grazie alle stronzate (Cfr. Frankfurt, H. G., Stronzate, Milano, Rizzoli, 2005.). E sono le “stronzate”, oggi, il vero fenomeno globale che interessa la cultura, la società e buona parte della politica. Così, se il vero è il falso del falso il falso è il vero del falso.
BIBLIOGRAFIA
Agostino A., santo, La menzogna, [s.l.], Le vie della cristianità, 2017.
Derrida J., Storia della menzogna, Roma, Castelvecchi, 2014.
Di Trocchio F., Le bugie della scienza, Milano, Mondadori, 2003.
Engel P., Rorty R., A cosa serve la verità?, s.l., il Mulino, 2007.
Frankfurt, H. G., Stronzate, Milano, Rizzoli, 2005.
Giacchè V., La fabbrica del falso, 2. ed., Roma, DeriveApprodi, 2011.
Kant I., Constant B., Il diritto di mentire, Firenze, Passigli, 2008.
Omero, Odissea, a cura e traduzione di Maria Grazia Ciani, Venezia, Marsilio, 2000.
Nannucci V., Voci e locuzioni italiane derivate dalla lingua provenzale, Firenze, Le Monnier, 1840.
Nietzsche F., La volontà di potenza, Milano, Bompiani, 2001.
Nietzsche F., Su verità e menzogna in senso extramorale, Milano, Adelphi, 2015.
Sommer V., Elogio della menzogna, Torino, Bollati Boringhieri, 1999.